Si sa, l’erba del vicino è sempre più verde e il lavoro degli altri è sempre più figo, anche nei social media.
Se poi si lavora nel mondo della comunicazione o dei social questo pensiero comune viene moltiplicato all’ennesima potenza, chissà perché?
Quando lavoravo in agenzia spesso mi si diceva “Wow! lavori in pubblicità, ma che bello, vorrei anche io un lavoro così creativo” e le cose non sono cambiate ora, anzi… ne abbiamo parlato con quelli di More Time Studio, commentando la fotografia che ho postato su Instagram (questa ???????? https://goo.gl/fUdRE6) ed abbiamo sottolineato questo aspetto.
Ultimamente i miei clienti, dopo la consulenza, mi dicono di essere stupiti e preoccupati al pensiero di doversi impegnare per gestire la loro presenza online. La maggior parte di loro arriva da me convinta che “sia sufficiente buttare su qualcosa e fare un po’ di casino online” per ottenere dei risultati splendidi. Ahimè, non è così.
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Riflettendoci un po’ sono arrivata alla conclusione che tutto ciò accade perché la percezione che le persone hanno dei social network passa inesorabilmente da un altro concetto: il cazzeggio.
Fateci caso. La gente sta sui social per cazzeggiare (si, un pochino anche su Linkedin, fatevene una ragione) ed è inevitabile che sia così; un po’ come quando si va al cinema, ci si siede in poltrona e si guarda il film, senza riflettere sulle luci, le inquadrature e i tecnicismi che stanno dietro alla realizzazione di questo prodotto. A questo proposito, vi consiglio di leggere questo articolo di Elle (???????? https://goo.gl/J3umrj) in cui si parla di quanto lavoro c’è dietro ad uno scatto pubblicitario.
Spendendo il tempo a cazzeggiare sui social, diventa automatico pensare che lavorare in quel determinato ambiente sia sempre come partecipare ad una sfilata al Carnevale di Rio. La percezione che le persone hanno dall’esterno deriva dalla loro user experience.
Facciamo, ad esempio, un paragone tra l’approccio che gli utenti hanno quando navigano su un e-commerce rispetto a quando sono sui social. È subito comprensibile quanto la predisposizione mentale sia completamente diversa. Infatti, pensare ad un amico che lavora alla programmazione su Amazon fa venire l’emicrania, mentre pensare ad un amico che lavora con Facebook o Instagram fa subito pensare alle infradito e alla sabbia calda. Tutti questi sono pregiudizi dovuti alla percezione “frou-frou” che si ha comunemente della comunicazione sui social network.
In realtà, se si sceglie la chiave dell’umorismo oppure quella dell’autenticità, lavorare in questo settore significa impegnarsi ogni giorno per creare contenuti di buon livello, che abbiano un senso e che, sopratutto, portino valore. Le persone che lo visualizzeranno dovrebbero avere voglia di condividerlo; dunque, non è assolutamente vero che basta buttare su “cose” per avere successo.
Il grande Peppino de Filippo diceva che far piangere è più facile che far ridere, oggi possiamo dire che muovere le emozioni delle persone è diventato difficile in linea generale. In modo particolare sui social, dove esiste un bombardamento che fa leva (almeno nelle intenzioni) proprio sulle emozioni e dove, di conseguenza, far emergere il proprio contenuto in mezzo agli altri è complicato.
E qui entrano in gioco le strategie, l’influence marketing e le campagne a pagamento che danno una spinta al nostro brand ed aiutano ad ottenere qualche risultato in più… ma di questo parliamo ai corsi ????
Per concludere, quando decidiamo di aprire un account sui social, dobbiamo innanzitutto pensare che sarà come aprire uno spazio fisico (una sorta di negozio) che dovrà parlare di noi ed assomigliarci. Di conseguenza, più sceglieremo di aprire la porta ai nostri valori e all’autenticità e meno sarà difficile arredare il nostro negozietto con gusto.
Come dice Harvey Mackay “Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, hanno solo promesso che ne sarebbe valsa la pena.”
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